Stilo (RC)

Ferdinandea

La Ferdinandea è un imponente complesso edilizio circondato dai boschi delle Serre Calabre ed è situato al centro del Bosco di Stilo.
Ferdinandea, non reggia e/o casino di caccia di Ferdinando II di Borbone, ma nel corso dei secoli, che l’hanno vista attiva, fu uno stabilimento siderurgico-armiero statale, con annessa una “cittadella operaia” e uffici amministrativi. Questa sua veste di sicuro non ne diminuisce il fascino e l’importanza.
L’opificio ha rappresentato tra la fine del 1700 e il 1865, al fianco di Mongiana, il più importante e innovativo intervento industriale che ha interessato la siderurgia calabrese. Entrambe erano delle cittadelle operaie, colonie militari e apparati industriali che operavano e attivavano un notevole indotto anche nella società civile.

I lavori per la realizzazione della Ferdinandea furono avviati dai Borbone sul finire del 1700. Lo scopo era di realizzare nelle montagne di Stilo una grande fonderia per cannoni di grosso calibro, che supportasse la fonderia di Mongiana nelle produzioni belliche.
I lavori, più volte sospesi, furono completati nel 1841, durante il regno di Ferdinando II, al quale la fonderia fu dedicata. Il grande opificio occupava un’area di circa 15.000 mq, ed era distribuito in due distinti fabbricati. Il primo, posto a ferro di cavallo, con corte interna, ospitava la residenza amministrativa, con uffici, alloggi per le truppe, carceri, chiesa, ecc. Il secondo, di cui rimangono solo due edifici, dei quattro esistenti in origine, costituiva in corpo centrale dell’impianto siderurgico.
Dopo l’Unità d’Italia, il polo siderurgico Mongiana-Ferdinandea-Pazzano passò in mano ai privati.
Fu acquistato da Achille Fazzari, personaggio controverso del Risorgimento italiano, che iniziò immediatamente a riprendere le campagne di fusione convinto di poter «risollevare le sorti della popolazione dei paesi convicini». Purtroppo, le sue aspettative non tardarono a scontrarsi con l’amara realtà.
Il governo, che aveva già decretato la morte dell’industria siderurgica calabrese, vendendogli gli impianti, gli fece mancare le commesse pubbliche e il Fazzari, per non rischiare il fallimento, ben presto fu costretto a chiudere e questa volta definitivamente le sue industrie. Riconvertì le produzioni della Ferdinandea e la elesse a sua residenza montana, nella quale ospitò numerose personalità dell’epoca, tra le quali la scrittrice Matilde Serao.

Uniche vocazioni “industriali”, attuate, a Ferdinandea e nel Bosco di Stilo, furono e sono tutt’ora quelle legate allo sfruttamento del legname dei boschi e all’imbottigliamento delle acque della fonte di Mangiatorella, avviato dallo stesso Fazzari.
Il vasto patrimonio edilizio della Ferdinandea resiste ancora all’abbandono e alle offese del tempo.
Nella corte interna del palazzo, vi sono cimeli del periodo borbonico: una edicola in ghisa sormontata da una palla di cannone con incisa una dedica al Re Ferdinando e un busto in granito del Re. Entrambe provengono da Mongiana portate a Ferdinandea dal Fazzari. Nella corte, ingentilita da un piccolo laghetto circondato da una balaustra in ghisa, non c’è più la fontana artistica in granito, smontata e portata non si sa dove dai proprietari del tempo. Spariti anche dalla Ferdinandea i reperti conservati in un piccolo museo. La piccola chiesa, oramai spoglia, conserva qualcosa dei suoi antichi arredi.
Interessante è il monumentale scalone delle “provincie”, che consente l’accesso ai piani superiori del palazzo, sui lati del quale sono disegnati gli stemmi di tutte le provincie italiane del tempo. Da Ferdinandea, inoltrandosi nel bosco si giunge, dopo circa un chilometro, al grande invaso artificiale lago Giulia, realizzato per la centrale Marmarico.